domenica 8 dicembre 2013

Distanze tra costruzioni

  • Sent. C. Stato 22/11/2013, n. 5557 
  • Urbanistica - Distanze tra le costruzioni - Normativa ex D.M. 1444/68 - Balconi aggettanti - Computabili.
  • D. Min. 02/04/1968, n. 1444 
  • Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.17 della legge 6 agosto 177, n.765

    La distanza di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9 del D.M. 02/04/1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale. Non rileva neanche il fatto che le pareti siano o meno parallele. Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stato con la Sentenza del 22/11/2013, n. 5557.

    Con la sentenza in esame viene annullato un permesso di costruire rilasciato dal Comune e dato ragione al privato che ha fatto ricorso contro l’impresa edile impegnata nella costruzione di una palazzina.
    Nelle motivazioni della sentenza, i Giudici di Palazzo Spada hanno ribadito il principio che nel regime delle distanze in edilizia «la distanza di 10 metri, che deve sussistere tra edifici antistanti si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra».
    Importanti anche le precisazioni su cosa si intenda per finestra e parete finestrata. «Si evidenzia che, per «pareti finestrate», ai sensi dell'art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di «vedute», ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti».
    Si legge nella sentenza «Gli sporti, cioè le sporgenze da non computare ai fini delle distanze perché non attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare, sono i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti con funzione decorativa, gli elementi in oggetto di ridotte dimensioni, le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le sporgenze, anche dei generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che siano quindi destinate anche a estendere e ampliare per l'intero fronte dell'edificio la parte utilizzabile per l'uso abitativo».
    Il Consiglio di Stato ha pertanto accolto l’appello del privato poiché ha ritenuto che per l’applicazione della disposizione dell’art. 9, numero 2, del D.M. 1444/1968 è sufficiente una parete finestrata e che il calcolo delle distanze si effettua con riferimento ad ogni punto dei fabbricati, computando anche i balconi aggettanti.